“Il bosco dei sogni interrotti” di Aldo Ferraris,
primo premio per il racconto breve
La favola, sempre, nasconde
dietro l'abito di un linguaggio apparentemente accessibile una polisemia
profonda, perché deve veicolare messaggi pure complessi attraverso immagini
semplici quanto potenti.
Scrivere una favola - anche per il solo sforzo concettuale - non è cosa facile,
ma certamente il genere cui tende il racconto vincitore è proprio questo.
L'idea che sul fondo del nostro animo, fin da bambini - anzi, forse soprattutto
da bambini, direbbe la psicanalisi - cresca un bosco oscuro di nodosi sogni
interrotti, tanti quanti potrebbero essere le nostre vite incompiute, o quanto
meno parti di esse, è un pensiero originale e moderno.
Naturalmente c'è una prova da superare e il nostro piccolo protagonista riesce
a dare sfoggio di due qualità che gli adulti tendono a dimenticare, specie
quando guardano al tempo che si indurisce come spessa corteccia dentro di sé:
coraggio e creatività. Ed è interessante che, all'inizio, siano proprio gli
alberi a suggerire al protagonista il metodo con cui farsi liberare dalla
maledizione. Come a dire che la creatività nasce sempre da un atto di
consapevolezza interiore. La medesima volontà che fa guardare al bambino
l'albero dritto negli occhi, e a riconoscere una bocca, una voce che è la
propria.
Nel finale, dove il dolore per la scomparsa della madre si trasfigura
nell'impegno al continuare a leggere e scrivere storie giorno per giorno, ci fa
tornare con la memoria a un momento indelebile dell'infanzia collettiva: il
genitore che ci leggeva una fiaba. Ed è con questo ricordo che l'autore ci
consegna la storia, non con scontato moralismo, ma con calorosa tenerezza.
(C.M.)
“Pescatori” di Sara Brugo
secondo premio per il racconto breve
Alla metà del secolo scorso non era raro incontrare
cercatori d’oro sul Ticino, curvi ed instancabili, con setaccio e bacile di
ferro tra le mani. Ne tracciò un ritratto indimenticabile Sebastiano Vassalli
ne “L’oro del mondo”. Il racconto di Sara Brugo ci annuncia il ritorno di un
cercatore qui ed ora, in questo nostro tempo che ci ha tolto l’illusione che la
povertà fosse vinta una volta per sempre e la libertà conquistata una volta per
sempre. Sulla riva del fiume c’è il vecchio che pesca pesci per assaporare il
suo ultimo tempo e anche per procurarsi una cena col sapore della giovinezza e dell’avventura
e c’è il ragazzo che cerca l’oro inseguendo un sogno. Lo scorrere imperturbabile,
antico e quasi senza tempo, dell’acqua del fiume contrasta con la mutevolezza
delle storie dei due umani e ne sottolinea la caducità. Tuttavia l’autrice ci
conduce con delicatezza nel loro mondo e il finale della storia vola alto. (E.B.)
“Alberi notturni” di Paola Lucarini
primo premio per la poesia
Per l’atmosfera rarefatta,
tra sogno e realtà, evocata con pennellate di colore, lievi e misurate, che
fondono insieme due aspetti, apparentemente antitetici, della natura: la
profonda, magica saggezza (di alberi onirici e pensosi), e l’impetuosa,
fuggevole vitalità (di un fiume dal corso rapinoso), che travolge l’uomo, lo fa
naufragare nella dolcezza taciuta, e per questo ancor più vivida, di un “blu
oltremare” icastico e prezioso. (P.M.)
“Filemone e Bauci” di Rosa Maria Corti
secondo premio per la poesia
Cimentarsi oggi con i miti
antichi richiede coraggio. Con coraggio dunque Rosa Maria Corti nella sua
poesia ripercorre il mito dei due vecchi sposi che non chiesero nulla al dio,
se non di poter morire insieme, restando anche nella morte vicini. La quercia
ed il tiglio avvinti resistono al tempo e alle stagioni e attorno a loro non è
morte, ma vita: foglie che vibrano al vento, api ubriache di polline, la
poetessa che trova lenimento alla sua pena. E la certezza finale ( suggerita
dall’ossimoro del “disincanto azzurro”) che il mito e la poesia regalano vita
anche oltre la morte. (E.B.)
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