lunedì 23 maggio 2022

Borgo Ticino, Stazione di Borgo Ticino

La stazione di Borgo Ticino è posta sulla linea Arona-Novara, proseguimento della linea Alessandria - Arona e auspicata diramazione della Torino - Genova, con l'intento di realizzare un collegamento tra Genova e la Svizzera. Le Regie Patenti del 1845 posero le basi per la costruzione delle ferrovie, "strade ferrate", nel Regno e un grande fervore costruttivo animò il governo Cavour. I lavori iniziarono sul finire degli anni Quaranta dell'Ottocento e, procedettero, per i tempi, a rilento. Questo perché tardava a giungere l'autorizzazione della Confederazione Svizzera circa la costruzione di una galleria sotto il passo del Lucomagno, tra Ticino e Grigioni. Non giungendo risposta, si decise infine, nel 1853, di terminare ad Arona il percorso su strada ferrata. Passeggeri e merci diretti in Svizzera sarebbero proseguiti poi per la via d'acqua del lago. La tratta Novara-Arona fu inaugurata nel  giugno 1855, alla presenza, tra gli altri, di Cavour e Rattazzi. Tempi che allora parevano lunghi, ora a noi, moderni e figli delle più roboanti tecnologie (e chiacchiere) sembrano corti. Basta ricordare le vicende - non ancora risolte - della ex statale 32. E si può rammentare anche, per contrasto, che il Canale Cavour fu costruito in circa tre anni (1863-1866)? Altri tempi, si dirà, e soprattutto altre teste, in Piemonte, come in Italia. 

Verso la stazione, quando si andava a piedi, si poteva passeggiare, sostando magari alle "castagne amare" (Cose dal Borgo: Alberi di Borgo Ticino: le "castagne amare"), a far quattro chiacchiere all'ombra, meglio se in compagnia di una ragazza. Avere il treno fu un grande vantaggio per il Borgo, ben collegato con mezzi pubblici al capoluogo e al lago: una fortuna da molti ancora non ben compresa. Ma può darsi che, col tempo, maturi anche qualche nespola. 



venerdì 20 maggio 2022

Rosso di sera, di Mario Chinello

Mario Chinello non ha bisogno di presentazioni, né a Borgo Ticino, né in tutto il Novarese e oltre. Tuttavia annotare qualcosa sul suo secondo libro autobiografico è un piacere, sia per la passione con cui è stato scritto, sia perché costituisce uno spaccato interessante di vita personale e, insieme, collettiva, politica e civile.

Rosso di sera segue a Ciò che non ho voluto (un articolo qui Cose dal Borgo: Il GIORNALE DI ARONA su "Ciò che non ho voluto" di Mario Chinello mentre si prepara la presentazione a Castelletto)uscito nel 2015 per EOS edizioni. Quest'ultimo ci aveva descritto la vita di Mario da quando, bambino, giunse con la famiglia dal Veneto a Divignano e poi qui nel Borgo, fino alla sua adolescenza e prima giovinezza. Questo secondo volume esordisce con la narrazione dell'età della consapevolezza e delle prime scelte, quell'età in cui accadono, se si è volitivi e fortunati, le cose "volute e decise" personalmente. Tra queste, insieme alla famiglia, emergono nella vita di Mario il lavoro e la politica, ma anche, non ultima, la passione per la bicicletta, che ancora accompagna le sue giornate. Il lavoro in fabbrica, monotono, talvolta ingiusto, non si rivelò troppo adatto al nostro perché "le regole di una grande azienda mortificavano la fantasia creativa e inducevano a tirare a campare con poche soddisfazioni per il proprio lavoro". Sceglie dunque di lavorare in un'azienda artigiana, palestra e prodromo di quell'officina metalmeccanica che fonderà poi in proprio. 

La passione politica, già sperimentata in famiglia, si consolidò nel sedicenne Mario in occasione di un comizio tenuto a Novara nel 1958 da Girolamo Li Causi, che "riuscì a renderci partecipi di cosa avesse significato essere contadino, pastore, bracciante, pescatore, operaio delle saline e delle miniere di zolfo..." L'impegno politico si concretò negli anni a seguire, sia nella militanza nel PCI, sia in un'intensa attività amministrativa, durata lunghi anni, come assessore poi come sindaco. Naturalmente, attraverso la narrazione di questi anni si rievoca non solo la personale storia di Mario, ma quella di tutto il paese, contrasti e ripicche compresi, come quando, nel 1970, dovendo insediarsi in municipio la nuova amministrazione di cui egli faceva parte, il sindaco uscente si rifiutò di consegnare le chiavi della casa comunale e il nuovo sindaco, Vinicio Silva, dovette far intervenire il prefetto. Scorre poi il racconto di anni intensi di cambiamento nel paese, si incontrano collaboratori e oppositori, si rievocano persone che non ci sono più. 

I lettori che si inoltreranno in queste pagine troveranno una storia, o meglio tante storie diverse, di vita e di impegno. Troveranno, forse, anche un po' della propria storia. 

Partigiana Nini, addio! Ora e sempre Resistenza!

Il 5 maggio scorso, all’età di 95 anni, ci ha lasciato Costanza Arbeja, la partigiana Nini, che, appena diciassettenne, si unì ai combattenti per la Resistenza in Valsesia. La sua storia è narrata nel libro Costanza Arbeja, la partigiana Nini a cura di Piero Beldì dell’associazione culturale «La stella alpina» di Pombia.

Nini non viveva a Borgo Ticino, ma era vicina al nostro paese e generosa di sé: sempre presente alle commemorazioni della strage del 13 agosto a ricordare i martiri innocenti e a ribadire "La Resistenza? La rifarei!", tenne inoltre numerosissimi incontri con i ragazzi delle scuole medie, trasmettendo loro con entusiasmo ed esemplare chiarezza i valori dell'antifascismo, la necessità dell'impegno, la volontà di lavorare per il bene comune, come faceva lei che, già in età avanzata, partì a soccorrere i terremotati dell'Abruzzo. Nini mancherà agli scolari e a noi tutti. Il miglior modo per ricordarla sarà quello di non dimenticare mai i valori per cui ha combattuto ed è vissuta.